Era stata pestata con calci, pugni, schiaffi e cinghiate su ogni parte del corpo e trascinata per capelli nella baracca nella quale veniva segregata, assieme ad altre due compagne.

La ragazza minorenne, al 7 mese di gravidanza, riesce a scappare nella notte del 3 settembre scorso dal campo rom di via San Severo a Foggia e, chiedendo aiuto ad alcuni italiani della zona, si mette in contatto con il 118 e la Polizia.

Parte da qui, da una denuncia coraggiosa, l’indagine della Squadra Mobile di Foggia, sotto il coordinamento della Procura di Bari della DDA e del Tribunale per i Minorenni, che ha consentito di accertare l’esistenza di uno schema messo a punto da sei persone: un 47enne, la compagna 46enne, tre figli, un 27enne e due minorenni, e una 26enne compagna del più grande, tutti di origine rumena e domiciliati nello stesso campo rom.

Le tre minori tra i 16 e i 17 anni tenute lì da marzo a settembre, erano appartenenti a nuclei rom disagiati e una volta condotte lì, con l’inganno, venivano chiuse dall’esterno con una catena e un lucchetto, picchiate continuativamente per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini.

Il padre – in supremazia nel gruppo criminale – e i figli conducevano le ragazze fino alla Strada Statale che conduce a Lucera, restando lì a controllarle con continui passaggi in auto o nascondendosi dietro i cespugli. Mentre la ragazza 26enne, compagna di uno degli aguzzini, non solo non è mai intervenuta durante i maltrattamenti, ma si assicurava della loro attività di prostituzione e aveva proposto agli altri fermati di vendere il nascituro di una delle ragazze a 28mila euro.

Alla compagna 46enne dell’uomo, invece, finivano la metà dei proventi perché si garantiva di procurare i preservativi e di presentarsi come “zia” delle ragazze durante i controlli delle Forze dell’Ordine, così da ottenerne il loro affidamento.

Il caso di oggi costituisce una delle prime e più importanti operazioni in materia di riduzione e mantenimento in stato di schiavitù, sequestro di persona, ai danni di minori sole e senza contatto con le famiglie. Questo segnerà l’inizio di una serie di attività finalizzato al contrasto di un fenomeno tragicamente allarmante.