Licenziamenti già avviati per 201 dipendenti, impiegati nel settore pulizie industriali nel siderurgico tarantino e centinaia di contratti in scadenza tra settembre e ottobre.
Sono a rischio oltre 500 posti di lavoro dell’indotto dell’ex Ilva. A parlare di “mattanza che coinvolge direttamente le aziende in appalto allo stabilimento gestito da Arcelor Mittal” è stato Francesco Rizzo, coordinatore provinciale dell’Usb di Taranto, che ha voluto denunciare come “l’indebolimento dell’indotto locale giochi a favore di una società di servizi controllata dallo stesso colosso industriale straniero”.
Per il sindacato tarantino, Arcelor Mittal sta perseguendo il progetto di azzeramento delle aziende dell’indotto: “Massimizzare il profitto e minimizzare i costi- ha osservato Rizzo- porta solo al ribasso in termini di sicurezza e diritti dei lavoratori”.
Per questo il coordinatore provinciale dell’Usb ha voluto interpellare il Sindaco del capoluogo jonico, Rinaldo Melucci e il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro, auspicando un loro intervento immediato a tutela dei lavoratori e delle aziende locali. “Questa situazione può avere un impatto sociale devastante perché – ha concluso Rizzo- con l’esclusione dall’appalto di aziende storiche andiamo incontro al collasso della già debole economia locale”.
Ma quello dei numerosi tagli e licenziamenti non è l’unico problema che riguarda da vicino il siderurgico tarantino. È in bilico, infatti, lo stesso futuro dell’ex Ilva. Dopo il vertice celebrato a Roma, al Mise, ArcelorMittal si è detta sempre in attesa della risoluzione della crisi di Governo per veder sbloccato il “decreto-imprese” (meglio conosciuto come salva Ilva) che è rimasto incompiuto, non essendo stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Ma i tempi sono risicati: il 6 settembre scade lo “scudo giuridico” e senza le pretese tutele, ArcelorMittal potrebbe uscire di scena e abbandonare il polo siderurgico tarantino.