Ci eravamo stati nel 2021 quando sotto la ex Teleferica di Barletta aveva perso la vita Ahmed Saki, bracciante originario del Marocco morto di freddo in questo inferno urbano nascosto dagli occhi dei cittadini; esistenze, quelle dei braccianti, vissute in un luogo così difficile che per recuperare la salma di Ahmed fu necessario l’intervento dei vigili del fuoco.
Ci siamo tornati a 3 anni di distanza con le telecamere del Gruppo Editoriale Distante; ancora lì la baraccopoli, cresciuta notevolmente con l’arrivo di molti migranti, regolari e irregolari, impegnati nella vendemmia nelle campagne del territorio. Precarie le condizioni di vita dei braccianti, che denunciano di non avere bagni ne docce, dormendo e mangiando tra rifiuti di ogni genere. Molti di loro ci confessano di lavorare a nero nelle campagne, secondo il classico sistema del caporalato; un sistema che come ci raccontano alcuni degli “ospiti” della baraccopoli non accetta infortuni e malattie; e così molti di loro, una volta feriti durante la raccolta dell’uva, sono stati cacciati dai datori di lavoro e rimasti bloccati in questo inferno urbano situato a due passi dal mare, dove cittadini e turisti trascorrono le proprie giornate con la spensieratezza tipica del periodo estivo.
Un contrasto così forte da imporre una lucida riflessione su ciò che accade nelle nostre città, nascosto solo da un po’ di cemento e dalla alta vegetazione; in soli 20 metri di strada a cambiare totalmente è il concetto stesso di esistenza, che regredisce allo stato di sopravvivenza giorno dopo giorno nel caso dei migranti, che devono lavorare per procurarsi del cibo sperando di sopravvivere un altro giorno, alcune volte non riuscendoci come nel caso di Ahmed Saki.
Una storia così difficile quella dei braccianti impiegati nelle campagne del nord barese da essere ripresa in prima serata anche dalla trasmissione “Fuori dal Coro”, che ha raccontato la vicenda della ex Teleferica di Barletta dopo il sopralluogo realizzato con la nostra troupe sul posto. Una situazione che oggi non può più essere ignorata e che impone una serie riflessione sul sistema stesso della filiera agricola nel nostro territorio.