Il Consiglio superiore della magistratura ha condannato il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, alla sanzione dell’ammonimento (la più lieve), per aver violato la norma che vieta alle toghe di essere iscritte ai partiti e di partecipare attivamente alla vita politica.

Il riferimento è al fatto che Emiliano ha ricoperto ruoli dirigenziali nel Pd pugliese (come presidente e segretario). A dicembre del 2018, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che specificò il divieto di iscrizione, il Governatore della Puglia, si dimise dal Pd e non rinnovò più la tessera.

E oggi  è giunta la decisione della sezione disciplinare del consiglio superiore della magistratura con la condanna ad Emiliano, presente in aula al momeno della lettura della sentenza.

“Accetto la meno grave delle sanzioni previste ma ritengo di non averla meritata”,  ha commentato il Presidente della Regione Puglia, spiegando allo stesso tempo come la decisione non avrà alcun effetto pratico sull’esercizio delle sue funzioni di Governatore.

La difesa aveva chiesto l’assoluzione di Emiliano, sostenendo il suo rigoroso e deciso rispetto delle regole. Un punto ricalcato dallo stesso Governatore della Puglia. “Sono sempre stato convinto come tutti gli altri magistrati eletti, come me iscritti ad un partito- ha dichiarato Emiliano-che l’aspettativa mi rendesse a questi fini un cittadino come gli altri, abilitato a partecipare alla formazione dell’indirizzo politico degli enti da me governati all’interno dei partiti. Scopro oggi che ciò vale – ha concluso Emiliano- per gli altri sindaci e presidenti, secondo il consiglio superiore della magistratura non vale per me e quindi per tuti i magistrati eletti in incarichi politici”.