Sono passati 2530 giorni dal disastro, del 12 luglio 2016, il più grave incidente ferroviario della storia della Puglia.
Seguirono a quel giorno drammatico, di vite spezzate tra le campagne di Andria e Corato, funerali collettivi di 13 delle 23 vittime, dinanzi alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alle più alte autorità di stato.
La promessa del capo dello Stato di fare chiarezza su una tragedia inammissibile, di non dimenticare la strage di innocenti sembra essersi infranta dinanzi al pianto dei parenti delle vittime, che rompono la lettura della sentenza.
L’impressione vissuta sulla pelle di quanto hanno perso i propri cari è di una ‘’Legge che non è uguale per tutti’’.
Un ricordo che si riapre, che sembrerebbe non ricevere il giusto compenso dalla giustizia, difronte alle 14 assoluzioni pronunciate dal Presidente del collegio giudicante Carmen Lidia Corvino, che hanno esacerbato il dolore dei famigliari delle vittime.
Volti stampati sulle magliette dell’Astip, l’associazione Strage Treni in Puglia che chiede giustizia e non accetta il tandem di condanne a 6 anni e 6 mesi per il capostazione di Andria Vito Piccareta e a 7 anni per il capotreno Nicola Lorizzo, in servizio nel giorno fatidico.
Entrambi dovranno concorrere a pagare le spese processuali, come si legge dal dispositivo, facendo capo agli articoli 533 e 535 del Codice penale.
I reati imputati a 15 persone, a vario titolo tra disastro ferroviario, omicidio colposo, lesioni gravi colpose, violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e falso, non sussistono.
A pagare, come demandato, sarà solo l’errore umano di chi diresse il veicolo ’ET1021 verso lo schianto sulla linea a binario unico.
Lo strazio in aula e fuori dalla corte del tribunale di Trani, sembrerebbe denunciare a gran voce una verità non emersa in fase processuale, apparentemente, in questo grado di giudizio.
I parenti auspicavano pene esemplari per quel che fu un disastro abbracciato dall’Italia intera, dove sin dalle prime fasi emersero gravi criticità e carenze dei sistemi di sicurezza sulla tratta.
Quei sistemi di controllo che tanto suscitarono scalpore mediatico a primo acchito, erano affidati meramente ad un blocco telefonico.
Sarebbero bastati 664 mila euro, secondo l’accusa, a mettere in sicurezza l’infrastruttura e far sì che si evitasse la catastrofe. Accusa che non ha retto in fase di verifica.
Il PM Catalano aveva contestato infatti la mancata messa in sicurezza della tratta ma in fase giudicante, i capi di imputazione sono crollati, proclamando 14 assolti.
Se da un lato, c’è chi versa nello sgomento, indossando bianche maglie con i volti delle vite spezzate, dall’altro lo scenario si presenta ribaltato.
‘’Società e amministratori hanno sempre adempiuto ai loro doveri’’, dichiara il legale di Ferrotramviaria l’avv. Tullio Bertolino, il quale parla di una sentenza giusta.
‘’Tutto bene’’ si sente dall’altra parte dell’aula.
Solo una coincidenza di eventi sfortunatissimi, dovuti alla negligenza di 3 ferrovieri a quanto pare, che hanno disapplicato le norme della coincidenza sugli incroci.
La giustizia non coincide necessariamente con la condanna degli imputati, aggiunge Bertolino; piuttosto con l’accertamento della verità e quindi delle responsabilità, ove vi siano.
Vicenda giudiziaria e umana difronte alle famiglie, la cui vita è stata sconvolta irrimediabilmente, sono difficilmente scindibili.