Diffusione colposa di epidemia e falso in cartella clanica: sono queste le accuse, mosse della Procura di Bari, a carico della partoriente, poi risultata positiva al coronavirus ricoverata nella clinica Mater Dei, che avrebbe omesso di comunicare che proveniva dall’Emilia Romagna.

L’indagine è stata aperta a seguito della denuncia presentata da un’infermiera, da un operatore socio sanitario della ginecologia e da un’altra partoriente venute a contatto con la donna. L’infermiera e l’altra partoriente hanno denunciato di essere state esposte a rischio contagio e di trovarsi, per questo, attualmente in quarantena domiciliare. L’operatore socio sanitario, invece, è già risultato positivo al tampone del coronavirus. I fatti denunciati risalgono al 7 marzo scorso. La partoriente, tornata da Parma per partorire a Bari nella clinica dove lavora sua madre, non avrebbe tempestivamente informato il personale della struttura di provenire dal nord Italia. Sarebbe stata quindi in contatto per ore con il personale sanitario privo delle necessarie misure di sicurezza anti-contagio e ricoverata in stanza con un’altra partoriente.

Con l’insorgenza dei primi sintomi e dopo aver rivelato la provenienza dall’Emilia Romagna, sarebbe stata sottoposta a tampone risultando positiva. L’infermiera denunciante lo ha appreso il 9 marzo e si è messa in auto-quarantena con tutta la famiglia. Stessa cosa ha fatto l’altra partoriente.

L’operatore ausiliario, invece, poi risultato positivo al coronavirus, lo avrebbe appreso solo l’11 marzo. I tre querelanti sono assistiti dall’avvocato Fabio Campese. La partoriente denunciata, difesa dall’avvocato Daniela Castelluzzo, ha dichiarato nei giorni scorsi che “non corrisponde al vero di aver taciuto di provenire da Parma e di aver provveduto a prendere tutte le accortezze necessarie”. Nella stessa clinica altre sei persone, un medico e cinque infermieri, sono risultati poi positivi al tampone ma non ci sono al momento elementi per poter collegare questi ulteriori contagi al caso della partoriente.