incappucciato

Incappucciato e con la mascherina, arriva con la bici, si guarda attorno e piazza l’ordigno. Avrebbe agito da solo l’attentatore che ieri ha fatto esplodere una bomba carta ai piedi della saracinesca del centro per anziani “Il Sorriso di Stefano” a Foggia, struttura di proprietà dei due manager sanitari i fratelli Cristian e Luca Vigilante.

È quanto è emerso, al momento, dall’analisi delle immagini delle telecamere della videosorveglianza che hanno immortalato il malvivente arrivare in via Vincenzo Acquaviva, posizionare la bomba e poi fuggire via. Gli agenti della Squadra Mobile di Foggia, che indagano sul caso, non escludono che possa trattarsi dello stesso attentatore già ripreso, nella stessa modalità di azione, in occasione della prima intimidazione avvenuta il 16 gennaio scorso sempre ai danni dello stesso centro.

La bomba ha divelto la saracinesca del centro, sventrato l’insegna luminosa e danneggiato anche un’auto parcheggiata nelle immediate vicinanze. I vetri delle finestre delle abitazioni della zona sono andati in frantumi. Una decina le perquisizioni eseguite ieri sera a Foggia a persone già note alle forze di polizia. La pista investigativa più accreditata è quella di stampo mafioso sebbene gli inquirenti non escludano altre ipotesi. I fratelli Vigilante, testimoni in un processo all’esponente di un clan, hanno sempre dichiarato di non aver mai ricevuto alcun tipo di minacce o richieste estorsive.

Oltre alla bomba del 16 gennaio, Cristian Vigilante ha subito un primo attentato dinamitardo nella notte tra il 3 ed il 4 gennaio quando una bomba fece saltare in aria la sua automobile parcheggiata per strada vicino alla sua abitazione. Quando Luca Vigilante è arrivato sul posto, ieri pomeriggio, è stato accolto da reazioni di dissenso da parte dei vicini che hanno gridato dai balconi di chiudere la struttura perché esasperati dalla paura, altri, invece, di non cedere alla mafia mantenendo il centro aperto.

Vigilante ha compreso il disagio dei residenti “perché – ha detto – questa gente deve vivere con la paura di un qualcosa che oramai non sappiamo neanche più decifrare”. Ma ha anche escluso di avere intenzione di chiudere: “Non esiste proprio, noi non chiudiamo. Stiamo parlando di una struttura che gestisce le fragilità di esseri umani.

Se chiudessimo in queste circostanze, avremmo fallito tutti. Si va avanti confidando nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine”.