Le vessazioni subite da Antonio Cosimo Stano – il 66enne pensionato di Manduria morto il 23 aprile dopo aver subito una lunga serie di aggressioni, rapine e angherie da parte di una babygang – possono essere considerate concause del decesso.
La Questura di Taranto, in una nota, spiega che gli accertamenti disposti da Procura di Taranto e Procura per i Minorenni sulla documentazione clinica e sull’autopsia “consentono di mettere in correlazione l’esito fatale e le azioni criminose ad oggi addebitate”, si legge.
Dunque per i 23 indagati, 3 maggiorenni e 20 minori – tra cui una ragazzina, iscritta in una delle chat whatsapp, e un 13 enne non imputabile – la posizione tende ad aggravarsi. La documentazione clinica e l’esito dell’esame autoptico sul corpo di Stano, gli ulteriori elementi acquisiti dalla Polizia durante l’indagine – “compresi contenuti audio e video” – permettono di “ritenere le condotte” degli indagati una “concausa nella comparsa della patologia di cui era affetto l’uomo (un’ulcera duodenale), favorendone il tardivo ricovero in ospedale, avendo ingenerato in lui un atteggiamento di paura e chiusura di tipo negativo nei confronti dell’ambiente esterno”.
Antonio Cosimo Stano è deceduto a causa di uno shock settico, post peritonite, causato proprio dalla perforazione dell’ulcera duodenale. L’esito della consulenza tecnica chiarisce l’esistenza – viene ribadito – di un nesso di concausa tra il quadro clinico che ha interessato l’uomo e le vessazioni a cui è stato sottoposto. La Questura precisa che le indagini proseguiranno per “determinare le responsabilità di quanti, più o meno prossimi all’ambiente familiare della vittima, hanno omesso di intervenire a sostegno di quest’ultima” e di chi ha invece agito per “favorire gli indagati nel sottrarsi alle loro penali responsabilità”