150 campioni di latte raccolti ed analizzati tra 76 donne residenti a Taranto e Statte, e altre 74 residenti in Provincia, in un’area localizzata a più di 30 km dal capoluogo jonico.
Si è concluso lo studio durato tre anni per valutare l’esposizione a diossine e PCB attraverso l’analisi del latte materno, nelle primipare di età compresa tra i 25 e i 40 anni e residenti nelle suddette zone da almeno dieci anni.
Secondo quanto emerso, lo studio ha mostrato una concentrazione di queste sostanze nel latte nelle donne residenti a Taranto e Statte del 28% più elevata rispetto a quella delle donne residenti in provincia, in linea con ciò che è stato osservato in altre aree industrializzate in Italia.
Lo studio è stato commissionato da Ilva all’Istituto Superiore di Sanità, che lo ha realizzato in collaborazione con il Dipartimento Prevenzione dell’ASL di Taranto, nell’ambito del decreto del Ministero dell’Ambiente del 2012 con il quale si imponeva il riesame dell’AIA per l’esercizio dello stabilimento siderurgico prevedendo, con una specifica norma, la realizzazione di un biomonitoraggio per determinare la concentrazione di diossine e PCB nel latte materno nella zona tarantina
“Lo studio che abbiamo realizzato in collaborazione con la ASL di Taranto mostra che l’esposizione delle donne residenti nell’area urbana è superiore, in modo statisticamente significativo a quella delle donne residenti in provincia – afferma Elena De Felip del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità – ed è sovrapponibile a quella riscontrata in studi simili in altre zone industrializzate in Italia”.
“Il confronto con i risultati di altri studi di biomonitoraggio effettuati negli anni precedenti a Taranto e provincia suggerisce inoltre che nel tempo ci sia stata una riduzione dell’esposizione a queste sostanze le cui concentrazioni in entrambi i gruppi di donne sono comunque associabili a una bassa probabilità di effetti avversi per la salute.