Dal delitto perfetto al macello, cambia la forma ma non la sostanza da parte del ministro per lo Sviluppo Economico, Luigi Di Maio. La questione è quella della gara per la vendita dell’Ilva, sulla quale aveva espresso dubbi l’autorità anticorruzione e che aveva spinto il Governo a chiedere un parere all’avvocatura dello Stato. Le cui conclusioni, ha confermato Di Maio, saranno rese pubbliche dal 7 settembre: farlo prima renderebbe illegittima tutta la procedura ancora in corso, spiega il vice premier. Ed è ancora Di Maio a ribadire che non basta l’illegittimità della gara per annullarla: l’altro punto nodale è quello dell’interesse pubblico e su quello, spiega il ministro, si sta lavorando. Ma le parole del leader del Movimento Cinque Stelle hanno scatenato il dibattito politico già dalla mattinata di giovedì (subito dopo la conferenza stampa presso la sede del Ministero).
Di Maio sostiene che la gara è illegittima ma non si può annullare perché non ci sarebbero altri soggetti interessati all’acquisto dell’Ilva, quindi si va avanti con gli indiani di Mittal che hanno agito in buona fede, mentre è il precedente Governo ad aver compiuto il delitto perfetto o quello che oggi Di Maio definisce macello. Il vice premier conferma che sarà al tavolo della trattativa, tra acquirenti e sindacati, sugli esuberi nel siderurgico e se i rappresentanti dei lavoratori dovessero mancare se ne assumerebbero la responsabilità. “La gara è valida e l’interlocutore serio” ha invece rilanciato il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan. Quindi è urgente uscire dall’ambiguità o dall’imbarazzo, quello a cui ha fatto riferimento il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, commentando le dichiarazione del ministro: “E’ suo e del Governo l’onere di gestire le bonifiche miliardarie e decine di migliaia di disoccupati nella vicenda Ilva” sostiene Melucci.