Non fu Antonio Colamonico ad uccidere l’amante Bruna Bovino, l’estetista italo-brasiliana 29enne trovata semicarbonizzata il 12 dicembre 2013. La Corte d’assise d’appello di Bari ha ribaltato la condanna a 25 anni inflitta in primo grado all’uomo per “non ave commesso il fatto”, nonostante la Procura generale ne avesse chiesto l’aggravamento fino a 28 anni. Colamonico, arrestato nell’aprile 2014, uscirà dal carcere dopo oltre quattro anni e mezzo di detenzione.
Le accuse furono di omicidio volontario e incendio doloso, appiccato dall’assassino – secondo l’accusa – per cancellare le prove del delitto appena compiuto. Il corpo di Bruna fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico che gestiva a Mola di Bari, dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata.
Stando alla ricostruzione della Procura, il 40enne sposato con figli, avrebbe assassinato la 29enne nel centro dopo una lite legata alla fine della loro relazione e poi avrebbe dato fuoco al corpo. Il fatto sarebbe accaduto tra le 16,30 e le 17, ma la donna veniva trovata in un bar alle 18 circa da un testimone e Colamonico a quell’ora era a Polignano, come dimostra l’esame delle celle telefoniche.
La Corte d’Assise d’Appello non ha ritenuto di confermare la sentenza di condanna. La lettura data dalla Camera di Consiglio è stata accolta con disperazione dalla famiglia di Bovino. “Adesso è stata fatta davvero giustizia”, hanno detto abbracciandosi uscendo dal Tribunale i parenti di Colamonico.