Una funzione sacra nella basilica dell’Immacolata, in suffragio delle 58 vite spezzate nel funesto 16 settembre 1958, al civico 7 di Via Canosa. Interi nuclei familiari spazzati dalle macerie di sabbia e fango, che rivivono solo attraverso i ricordi dei loro famigliari.
Barletta, secondo dopoguerra. Erano gli anni del boom economico, l’era del capitale florido trainato dalle grandi e piccole industrie e dal mercato edile. Si verificò un’espansione incontrollata del tessuto urbano e dell’ammodernamento carente di norme di sicurezza adeguate.
La rincorsa cieca al guadagno edificava palazzi ignorando le regole elementari della staticità e della distribuzione dei carichi, in una città come quella di Barletta senza piani regolatori.
Ci fu un punto di non ritorno, localizzato nello spazio Via Canosa al civico 7 e nel tempo, la mattina del 16 settembre 1958.
Quella voragine non si è mai chiusa. Imperdonabile se si guarda la serie di errori commessi dai costruttori, gli artefici di quella mala edilizia che fece registrare il bilancio più nero nella storia di Puglia, e ha portato via per sempre figli e genitori, vite future e meno giovani.
La vicinanza dell’allora presidente della repubblica Giovanni Gronchi che combattè per la verità, delle istituzioni e del sindaco, si è poi arrestata. Quella voragine non si è mai chiusa. Il bilancio fu il più grave della storia contemporanea italiana. I famigliari con il loro prezioso contributo, tracciano il ricordo di fratelli e genitori, figli e vite future portate via dagli artefici della mala edilizia.