Più che una riorganizzazione, quella alla quale si starebbe preparando la Banca Popolare di Bari è un piano lacrime e sangue che toccherà più di 1600 dipendenti.
I commissari dell’Istituto di credito barese, commissariato il 13 dicembre dello scorso anno dalla Banca d’Italia, prevedono 900 esuberi (600 in rete e trecento in direzione), 510 risorse destinate alla mobilità territoriale e alla riconversione professionale, e la chiusura di 94 filiali su 291.
“La più fallimentare ed obsoleta ricetta con cui la storia del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare si trova a confrontarsi ogni volta che si devono affrontare questi problemi” commentano in maniera tranciante le segretarie dei sindacati dell’istituto di credito barese. Fabi, Cisl, Cgil, Uilca e Unisin accusano i commissari di aver sbandierato solo a parole una seria discontinuità rispetto agli errori e alla cattiva gestione della famiglia Iacobini. Se quelle sono le premesse del piano, annunciano i sindacati, sarà difficile avviare una trattativa.
“Dietro allo snocciolare dei gelidi numeri – commentano ancora i rappresentanti dei lavoratori – ci sono i volti e le storia di lavoratrici e lavoratori della Banca Popolare di Bari”.
La proposta viene definita “inaccettabile” in quanto “non tiene conto delle responsabilità del disastro in cui versa la banca, delle politiche europee di investimento per il rilancio e il riallineamento del meridione d’Italia al resto del Paese, nè tantomeno dei sacrifici che abbiamo fin qui profuso” sottolineano i sindacati. Il piano presentato dai Commissari coinvolge complessivamente poco meno di tremila dipendenti: “Vogliamo un progetto credibile” chiosano i sindacati.