Subito 310 milioni di euro, primo passo di un più ampio progetto di rafforzamento patrimoniale di un miliardo e quattrocento milioni da realizzare nei prossimi mesi.
Numeri che rappresentano la ciambella di salvataggio lanciata dal Fondo interbancario alla Banca Popolare di Bari, commissariata poco meno di un mese fa. Le banche mettono dunque le basi per portare la Bari rapidamente fuori dalle secche e ridarle immediatamente ossigeno. Anche se la definizione esatta dalla cifra da mettere sul piatto è in buona parte legata al piano che i due commissari, Antonio Blandini e Enrico Ajello, saranno tenuti a presentare una volta concluso l’esame approfondito di attivi e passivi dell’istituto e con esso in prima battuta la determinazione del fabbisogno patrimoniale.
All’operazione complessiva si aggiunge così un altro un tassello di peso che si innesta nell’ambito di un intervento più ampio per il quale il Governo ha già annunciato un’iniezione di capitali da 900 milioni da realizzare tramite il Mediocredito Centrale e che punta alla creazione di un istituto per il Sud. Il decreto legge per “il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca d’investimento” riprenderà il proprio cammino dopo le festività.
La commissione Finanze della Camera, ha fissato la scadenza per gli emendamenti a lunedì 13 gennaio dopo un ciclo di audizioni. A partire saranno l’8 i sindacati, Federcasse, Invitalia, Mediocredito centrale e i rappresentanti del Fondo
interbancario. Il giorno successivo sarà la volta di Consob, dei sindaci di Bari e Teramo (Antonio Decaro e Gianguido D’Alberto) e della Banca d’Italia. A chiudere il 10 gennaio il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.
L’intervento del Fondo “assicura stabilità al gruppo e tutela l’occupazione”, sottolinea il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni che ora chiede un “salto di qualità con figure di altissimo livello”. E, per quando riguarda “eventuali esuberi solo pensionamenti e prepensionamenti volontari”.