“Me lo facevano apposta a parcheggiare le loro auto davanti casa mia. Ho sbagliato, non voglio essere difeso, pagherò, ma dovevo mettere fine a questa storia”. Roberto Pappadà, 57 anni ex operaio attualmente disoccupato ha confessato nella notte il movente di quel gesto di follia: ha ucciso di proposito tre persone per screzi di vicinato legati al parcheggio in via Tevere a Cursi, piccolo comune della provincia di Lecce, dove l’omicida e le vittime abitavano.
Pappadà è accusato di triplice omicidio pluriaggravato da futili motivi e premeditazione. Nell’interrogatorio davanti al magistrato di turno Donatina Buffelli, alla presenza del suo legale difensore avvocato Nicola Leo, Pappadà ha ricostruito in maniera lucida la sua folle vendetta, asserendo che il vaso era ormai colmo dopo un anno e mezzo – a suo dire – di soprusi subiti. Pappadà ha raccontato di essersi procurato prima una pistola e di aver poi attesto l’arrivo di Andrea Marti, arrivato in via Tevere in auto con la fidanzata.
Dopo aver estratto l’arma e aver intimato alla giovane di allontanarsi, ha esploso due colpi da una distanza di quattro metri, colpendo il giovane alla testa e al petto. Quando poco dopo è arrivato l’auto con a bordo il padre del giovane, Franco, insieme alla moglie e alla sorella di lei, ha fatto nuovamente fuoco. Dei tre si è salvata solo Fernanda Quarta, la madre di Andrea e moglie di Franco, colpita di striscio dalla pallottola.
Ai militari dell’Arma che lo hanno trovato nei paraggi, non ha opposto resistenza, appoggiando l’arma per terra. Secondo quanto riferisce il comandante dei vigili urbani di Cursi, Luigi Epifani, più volte gli era stato chiesto se voleva che si provvedesse a destinargli un parcheggio riservato per portatori di handicap davanti casa (Pappadà viveva con la sorella disabile), ma lui aveva sempre rifiutato, asserendo che non c’era bisogno perché nella strada c’era posto per tutti. Sino alla serata di lucida follia.