Stipati nei pullman, si recano al lavoro nei campi, senza alcuna tutela e nessun diritto garantito dalla legge. Trascorrono ore e ore, sotto il sole cocente, pur di riscuotere un minimo compenso. Una paga che si attesta attorno ai 3-4 euro per un cassone da 375 kg (un salario inferiore del 50% rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale). È la dura vita dei braccianti sfruttati, che molto spesso, sotto caporale, sono anche costretti a dover pagar a quest’ultimi, il trasporto e l’acquisto dei beni di prima necessità (acqua e cibo).
Sono 430mila i lavoratori agricoli, in Italia, a rischio sfruttamento. Una irregolarità nei contratti, che nel solo settore dell’agricoltura, si attesta attorno al 39%. Il tutto per un business, del caporalato, stimato in 4,8 miliardi di euro.
“Una piaga da sconfiggere” per questo, il nuovo Governo, è sceso in campo. Annunciati maggiori controlli sul territorio, l’aumento del numero degli ispettori del lavoro e dell’organico della Procura e questura di Foggia, dopo gli ultimi incidenti stradali che hanno causato la morte, nella capitanata, di sedici braccianti agricoli africani.
Ma i sindacati chiedono anche la piena applicazione della legge numero 199 del 2016, la norma per contrastare il caporalato.
Intanto l’inchiesta della Procura di Foggia va avanti. I magistrati hanno individuato sei aziende (5 pugliesi e una molisana) dove le vittime avrebbero prestato servizio prima dei due incidenti stradali. Si indaga proprio per verificare se i braccianti agricoli stranieri siano stati sfruttati dai caporali.