L’ex giudice barese del Consiglio di Stato Francesco Bellomo ha risposto per più di nove ore alle domande del Gip del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna. Nell’interrogatorio di garazia ha contrastato
“in modo molto rigoroso e documentato tutte le accuse che gli vengono rivolte”.
Al termine, dopo aver depositato anche una memoria difensiva, i difensori di Bellomo, Beniamino Migliucci e Gianluca D’Oria, hanno chiesto la revoca degli arresti domiciliari. Arresti ai quali l’ex giudice è sottoposto da una settimana per maltrattamento e estorsione.
Bellomo ha documentato con mail e sms che i racconti delle sue presunte vittime – quattro donne che lo accusano di presunti maltrattamenti
“non rispondevano alla realtà dei fatti”. I legali hanno ribadito che “non sussiste alcun reato” e, di conseguenza, “non vi sono esigenze cautelari in questo momento, tanto più che le indagini, per quel che abbiamo appreso dal fascicolo, sarebbero terminate nell’aprile del 2018, la richiesta della misura cautelare è del marzo 2019, sono passati tanti mesi e quindi secondo noi diventa anche un po’ un’anomalia che abbiamo segnalato”.
Indagini
Stando alle indagini della Procura di Bari, coordinate dall’aggiunto Roberto Rossi e dal sostituto Daniela Chimienti, Bellomo, destituito nel gennaio 2018, avrebbe vessato alcune corsiste della sua Scuola di Formazione per la preparazione al concorso in magistratura a partire almeno dal 2011.
Oltre ad aver negato di aver commesso maltrattamenti – con codici comportamentali, “dress code” precisi e controlli sulle frequentazioni -, ha negato anche l’estorsione a una corsista e le accuse di calunnia e minacce all’attuale premier Giuseppe Conte, che nel 2017 era presidente della commissione disciplinare chiamata a giudicare Bellomo. I legali hanno eccepito anche la
“improcedibilità e di conseguenza la inutilizzabilità” dei documenti informatici sequestrati nei giorni scorsi in computer e telefoni “perché trattasi a nostro avviso – hanno spiegato – di un sequestro che non si sarebbe dovuto eseguire perché abbondantemente fuori dal termine di indagine”.