serviranno certamente a capire cosa passava loro per la mente, cosa può aver spinto per mesi, le baby gang composte giovani ragazzi a incutere terreore vessando, insultando, aggredendo fisicamente e verbalmente il 66enne pensionato di manduaria antonio stano portandolo alla morte.
Sono in corso, nel carcere di Taranto, gli interrogatori degli otto giovani sottoposti a fermo dalla Polizia nell’ambito dell’inchiesta sul decesso di stano avvenuta il 23 aprile
dopo aver subito una serie di aggressioni e violenze da più gruppi di giovani.
Sono stati raggiunti da misure cautelari due maggiorenni (di 19 e 22 anni) e sei minorenni per i reati di tortura, con l’aggravante della crudeltà, sequestro di persona, violazione di domicilio e danneggiamento.
Una comunità quella del comune taraqntino che non si da pace per quanto avvenuto e per ciò che avrebbe potuto essere evitato se solo qualcuno avesse parlato e se qualcun altro avesse preso sul serio quelle voci che da troppo tempo circolavano in città
Agli atti dell’inchiesta c’è anche la testimonianza della fidanzata sedicenne di uno degli indagati che il 12 aprile scorso (dopo che l’anziano era stato ricoverato e la polizia aveva avviato una indagine) si è presentata spontaneamente al commissariato di Manduria, sostenendo di essere a conoscenza di alcuni fatti che potevano risultare rilevanti ai fini delle indagini e, alla presenza della madre, ha affermato di essere in possesso di due filmati in cui si vede Stano picchiato e vessato da un giovane.
Il 17 aprile la ragazza è stata convocata nuovamente dai poliziotti, che le hanno fatto visionare altri filmati.
Ha così riconosciuto tra i giovani ripresi il suo fidanzato e altri tre conoscenti.
La ragazza ha riferito anche che lo zio di uno degli aggressori stava cercando di contattare gli altri componenti della baby gang intimando loro di non fare il nome del nipote alla Polizia.
I giovani, secondo gli investigatori, durante gli assalti nell’abitazione della vittima e per strada si sarebbero ripresi con i telefonini mentre sottoponevano la vittima a violenze con calci, pugni e persino bastoni, per poi diffondere i video nelle chat di Whatsapp